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Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile

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La Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile è una riserva naturale orientata regionale della Sicilia, ricca di rilevanze paesaggistiche, antropologiche, idrogeologiche, archeologiche e speleologiche. L'area si estende per 2700,00 ettari, suddivise fra i 900,00 ha della zona A (riserva) e i 1860,00 ha della zona B (preriserva). La riserva è stata istituita nel 1990 (D.A. del 13 luglio) ed è gestita dall'Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana.
Essa è attraversata dal fiume Cassibile (l'antico Kacyparis greco), che nel corso dei millenni ha creato una serie di profondi canyon. Nel fondovalle, ha finito per crearsi un complesso sistema di piccole cascate e invasi naturali (localmente detti uruvi) spesso balneabili. La quota più alta raggiunta dall'altipiano rispetto al letto del fiume è di 520 m slm, ma è nei pressi del belvedere di Avola Antica che, con i suoi 507 metri, il fiume raggiunge la massima profondità. Sempre in questo tratto raggiunge la massima ampiezza di 1200 metri. Nei 10 km di lunghezza del canyon, come detto, si possono ammirare numerosi laghetti, con acque fresche e limpide, fra cui spiccano per bellezza i piccoli laghi nei pressi di Avola Antica accessibili al pubblico tramite una scala storica, detta Scala Cruci.
Ciò che rende spettacolari le cave a causa dello scorrimento dei corsi d’acqua, è la morfologia del grande canyon di Cava Grande del Cassibile, il Kakyparis dei Greci. Sul versante nord è possibile osservare un piccolo agglomerato di abitazioni rupestri. Nella zona sud si trova un complesso sistema di abitazioni, scavate nella roccia, disposte una accanto all’altra su sei diversi livelli paralleli, collegati tra loro da un sistema di cunicoli e gallerie. Mentre ai margini della riserva, a nord-est, sorgono varie necropoli antiche, nelle quali sono stati trovati ricchi corredi tombali e materiale ceramico: la sua peculiare decorazione, detta piumata o marmorizzata, rientra nell’ambito della cultura Ausonia presente nelle isole Eolie e nella Sicilia orientale intorno al 1.000 a.C.


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Riserve ed Aree Naturali Protette in Sicilia

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Riserva Naturale Orientata Laghetti di Marinello La Riserva Naturale orientata Laghetti di Marinello,istituita nel 1998 ed affidata in gestione alla Provincia Regionale di messina, si estende su una superficie di circa 378 ettari ricadenti nel territorio comunale di Patti. Percorrendo l’autostrada A/20, Me-Pa, a circa 55 km in direzione Palermo, al centro del golfo di Patti si estende un vasto a…renile che racchiude laghetti litoranei salmastri delle acque tiepide e cristalline. L’area lagunare di Marinello sottoposta ad imponenti variazioni morfologiche che modificano la linea di spiaggia e creano laghetti litoranei salmastri, semi-permanenti o temporanei, rappresenta un vistoso sistema di frecce litorali (Flches) unico lungo la costa tirrenica siciliana. La formazione dei laghetti e la loro persistenza da attribuire all’azione contaminante e concorrente della tettonica(movimenti del terreno) e delle condizioni meteo-marine. Il trasporto litoraneo e l’accumulo dei materiali sabbioso-ghiaiosi sono dovuti ad un fenomeno raro che si manifesta a seguito di un improvviso approfondimento dei fondali in presenza di un forte angolo di incidenza delle onde del mare dominante. L’origine dei laghetti semi-permanenti esistenti denominati Marinello, Mergolo della Tonnara e Verde, ubicati a ridosso della parete rocciosa, viene fatta risalire a circa 100 anni orsono, successivamente al 1877, data del rilievo dell’Istituto Idrografico della Marina nel quale la formazione sabbiosa risultava inesistente. La tendenza evolutiva del sistema lagunare sembra procedere verso un progressivo isolamento dal mare con il passaggio di associazioni faunistiche e floristiche dall’ambiente marino all’ambiente salmastro. La complessità strutturale dell’area determina, insieme al progressivo confinamento dal mare, la diversificazione idrobiologica dell’ecosistema riscontrabile in ogni singolo bacino con l’evidenziazione di numerose specie endemiche o rare tra cui, a titolo d’esempio il:copedope Phyllopodopsillus pauli, ed il gobide Buenia affinis, qui presente con l’unica popolazione attualmente nota per il mediterraneo. La Riserva dei Laghetti di Marinello rappresenta una delle poche aree costiere del distretto floristico Peloritano in eccellente stato di conservazione caratterizzata da una notevole varietà di ambienti e da una vegetazione alquanto ricca e diversificata. Lungo il litorale sabbioso possibile osservare una vegetazione pioniera dominata da barboncino mediterraneo (Hyparrhenia hirta) e da elicriso (Helichrysum italicum), in cui rinvengono specie particolarmente rare come il cardo-pallottola vischioso (Echinops spinosissimum) e sulle sponde degli specchi d’acqua salmastri la lisca costiera (Schoenoplectus litoralis). Nelle acque dei laghetti si ritrova il fieno di mare (Ruppia marittima), una rara pianta vascolare tipica di ambienti salmastri, e Halophila stipulacea, specie originaria del Mar Rosso, diffusasi nelle acue costiere del mediterraneo in seguito all’apertura del Canale di Suez. Sulle falesie, la vegetazione rupicola ricca di specie rare e di preziosi endemismi come la centaurea di Seguenza (Centaurea seguenzae), il garofano delle rupi (Dianthus rupicola), il cavolo biancastro (Brassica incana), l’erucastro (Erucastrum virgatum subsp. virgatum), e la vedovina delle scogliere (Scabiosa cretica) che caratterizzano, con le loro fioriture, un paesaggio costiero di rara bellezza.Lungo i pendii che dalle rupi più alte scendono verso il mare, trionfa la macchia mediterranea con il lentisco (Pistacia lentiscus), l’alaterno (Rhamnus alternus), il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa) e sopratutto l’euforbia arborescente (Euphorbia dendroides). Sui pianori sommitali, nei dintorni dell’area archeologica, cresce la rara mandragora autunnale (Mandragora autumnalis). Le lagune di Marinello, peculiari ambienti umidi, situate lungo una delle rotte migratorie più importanti d’Europa, costituiscono un sicuro approdo per centinaia di specie diverse di uccelli, dal piccolo luì dal peso di appena 12 grammi, all’elegante cicogna bianca dall’apertura alare di oltre due metri. Dette zone umide con le sovrastanti pareti rocciose sub-verticali rappresentano un habitat elitario per la nidificazione di numerose varietà di uccelli tra cui il gheppio, il corvo imperiale, il raro falco pellegrino, l’occhiocotto e la sterpazzolina, piccoli uccelli tipici della macchia mediterranea, la tacola, ecc.


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Villa Romana del Casale – Piazza Armerina – Patrimonio dell’umanità

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Ci sono luoghi per la storia, dove il tempo ha segnato la sua voce, la verità il suo enigma, nel cuore del mediterraneo, a Piazza Armerina nella dolce valle del casale, maestranze, ispirate scrissero, con la pietra, il testamento di tutta l'umanità classica mentre il vento del tempo, seppelliva le sue spoglie, apparì sulle tessere dei mosaici un racconto musivo, che aveva cucito l'eco di infiniti giorni per comporre le sembianze di memoria e cantare ai posteri il cunto, di Ulisse, di Ambrosia, il cunto della caccia e della vendemmia, il cunto dei giganti e quello dell'impero senza dimenticare mai il destino, umano, che nelle sue opere più significative rimane un mistero…."
La Villa Romana del Casale fu costruita tra la fine del sec. III e l'inizio del sec. IV d.C., nell'ambito di un sistema di latifondi appartenenti a potenti famiglie romane, che vi si recavano a caccia o in vacanza. Alcuni studiosi suppongono che la villa fosse appartenuta ad una personalità altolocata della gerarchia dell'Impero Romano (un Console), mentre altri sostengono che la villa sia appartenuta all'Imperatore M. Valerio Massimiano, detto Herculeos Victor.
Abitata anche in eta' araba, la villa fu parzialmente distrutta dai normanni, in seguito, una valanga di fango, provenienti dal monte Mangone, che la sovrasta, la coprì quasi totalmente.
Le prime campagne di scavo a livello scientifico, promosse dal Comune di Piazza Armerina, furono eseguite nell'anno 1881. Gli scavi furono ripresi nel 1935 fino al 1939, ed infine, con l'intervento della Regione Siciliana negli anni 50, fu portato completamente alla luce l'intero complesso, grazie all'opera dell'archeologo Vinicio Gentili.
La morfologia del terreno ha determinato la planimetria molto articolata della villa: vi si possono distinguere una parte residenziale intorno al grande peristilio centrale su cui si affaccia anche la basilica, una zona di rappresentanza con il peristilio ellittico (Xistus) e la grande sala trilobata (Triclinio), il complesso delle terme dal movimentato impianto planimetrico. Il cortile-porticato d'ingresso, a pianta irregolare, funge da cerniera tra queste tre parti. I mosaici furono realizzati da diversi gruppi di maestranze nordafricane che mediavano eredità alessandrine e tendenze siriache.
Ciò che più piacerà ai visitatori, senza dubbio, sono i magnifici mosaici del pavimento, in tutte le sale, che sono di una ricchezza e di una varietà tale che non ci sono paragoni nel mondo.
Sebbene niente possa dare un'idea compiuta della mirabile decorazione musiva di questa fantastica, singolare, misteriosa villa, consapevoli che non si può rendere con parole ciò che può essere gioia solo attraverso gli occhi, vogliamo tuttavia offrire al visitatore la descrizione e una chiave di comprensione dell'immenso tappeto di mosaici pavimentali che ne fanno una gemma inestimabile nella storia dell'arte.


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Necropoli di Pantalica – Patrimonio dell’umanità

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Pantalica è località naturalistico-archeologica della provincia di Siracusa. Nel 2005 è stata insignita assieme al centro storico di Siracusa del titolo di Patrimonio dell'UNESCO.
Il sito si trova su un altopiano, circondato da canyon formati nel corso dei millenni da due fiumi, l'Anapo e il Calcinara, che hanno determinato l'orografia a canyon caratteristica della zona. L'altopiano così come le vallate sottostanti (Valle dell'Anapo) sono delle importanti zone naturalistiche.
Vari sentieri permettono di visitare il sito. La Valle dell'Anapo è accessibile da due varchi collegati tra di loro, dal lato di Sortino e dal lato di Ferla. Questo sentiero corre per più di 10 km sul tracciato dell'ex linea ferroviaria Siracusa-Vizzini. La visita all'altipiano può invece partire dalla cosiddetta Sella di Filiporto, raggiungibile dal paese di Ferla o dall'altro lato, dal versante di Sortino, passando sopra la cosiddetta Grotta dei pipistrelli.
Nella prima metà del XIII secolo a.C., tutti gli insediamenti costieri scompaiono quasi all'improvviso per l’arrivo in Sicilia dei Siculi e di altre popolazioni italiche; la popolazione indigena abbandona la fascia costiera e cerca rifugio in impervie e disagevoli zone montane, scelte perché rispondenti ad esigenze di difesa, e si riunisce in grossi agglomerati.
Storicamente è noto che il re Hiblon concesse ai megaresi, condotti da Lamis, di stanziarsi in un lembo del suo territorio e fondare Megara Iblea nel 728 a.C. Ma la successiva nascita ed espansione di Siracusa determinò la distruzione del regno, essendosi il regno di Siracusa espanso sino all’entroterra, con la fondazione di Akrai nel 664 a.C. Di questa epoca restano le vestigia del Palazzo del principe o Anaktoron, nonché la presenza di una vasta necropoli di ben 5000 tombe a grotticella artificiale, scavate nella roccia.
L'area della necropoli non sarà mai del tutto abitata in epoca greca; dovremo attendere i primi secoli del Medioevo, quando le popolazioni stremate dalle incursioni dei barbari, dei pirati e poi degli arabi, dovendo cercare rifugi sicuri li trovarono nei suoi ripari inaccessibili; si hanno così le testimonianze di epoca bizantina. Ancora oggi sono visibili i resti delle abitazioni scavate nella roccia in epoca bizantina ed i resti dei piccoli oratori rupestri della Grotta del crocifisso, di San Nicolicchio e di San Micidiario.
Fa parte della Riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande.


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Riserve ed Aree Naturali Protette in Sicilia

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Riserva naturale orientata Isola delle Femmine La Riserva naturale orientata Isola delle Femmine si trova sull’omonimo isolotto situato a circa trecento metri dalla costa prospiciente il comune di Isola delle Femmine in provincia di Palermo. La riserva è stata istituita, dalla Regione Siciliana, nel 1997 ed è stata affidata alla LIPU dal 1998. Essa è nata per tutelare il patrimonio floristico locale e per favorire la sosta delle specie faunistiche che sostano sull’isola nei loro movimenti migratori.


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Aree archeologiche, gallerie e musei della Sicilia

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Cava d’Ispica – Foto di Leandro Di Stefano Strada Provinciale Modica-Cava Ispica tel: 0932771667… La Cava Ispica è un complesso preistorico di grotte, scavate lungo la valle di un torrente localizzato tra i comuni di Modica e Ispica in Provincia di Ragusa e Rosolini, in Provincia di Siracusa, in Sicilia. Cava Ispica (non "d’Ispica") ebbe origine da una frattura di origine tettonica risalente a tempi remotissimi forse a causa di sconvolgimenti tellurici di magnitudo molto elevata. Si presenta con pareti quasi a strapiombo nei cui anfratti e grotte trovarono rifugio i primi abitanti della zona. I primi insediamenti vengono datati al 2000 a.C. Abitata quasi ininterrottamente nel tempo fu rifugio dei Siculi scacciati dalle coste dalla penetrazione dei coloni greci. Lo fu anche durante le invasioni barbariche e per tutto il periodo bizantino (VI-IX secolo), di cui rimangono tombe e chiese rupestri, e durante le incursioni saracene. Le grotte, di varia funzione e dimensione, accoglievano in uno o più ambienti tutte le funzioni delle antiche popolazioni. Grotta di Cava IspicaTutto il bacino storico comprende la cava principale (circa 13 km) e numerosi altri siti sparsi nel territorio circostante. L’area comprende anche un complesso tombale di quasi 500 tombe, di epoca cristiana (IV – V secolo). Abitata da sempre abitata e fino a tempi recenti, è l’esempio di come si dovevano presentare in antico tutti i centri urbani collinari del Val di Noto. I vari terremoti, tra cui quello più distruttivo del 1693, ne hanno seriamente compromesso l’originario aspetto. Il suo abbandono è collegato alla prosperità della vicina Modica dalla dominazione araba in poi. Nel 1936 l’antica città di Spaccaforno, il cui nome derivava dalla corruzione in volgare del termine latino Hyspicaefundus (fondo del fiume Ispa, da cui prende il nome la Cava), poi mutatosi in Isbacha, mutò il suo nome in Ispica, secondo un principio alquanto arbitrario che venne seguito anche per altre città italiane e siciliane (tra le altre città, Castrogiovanni divenne Enna, Biscari divenne Acate): il toponimo dell’insediamento archeologico è dunque preesistente alla fondazione della città omonima e ne ha dunque generato la denominazione. Prove di insediamenti, come chiese rupestri e necropoli, si trovano lungo tutto il percorso, ma i più interessanti di trovano sia nella parte Nord, vicino Modica, che nella parte sud, luogo dove sorgeva il vecchio abitato di Hyspicaefundus, adiacente Ispica.


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Riserva naturale orientata dello Zingaro

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La costa dello Zingaro è uno dei pochissimi tratti di costa della Sicilia non contaminata dalla presenza di una strada litoranea. Nel 1976 erano già iniziati i lavori per la costruzione della litoranea Scopello-San Vito Lo Capo, ma in seguito ad una serie di iniziative del mondo ambientalista, culminate in una partecipatissima marcia di protesta che ebbe luogo il 18 maggio 1980, l’Azienda Regionale Foreste Demaniali della Regione Siciliana si impegnò ad espropriare l’area dello Zingaro riconosciuta di grande interesse ambientale.
Con la legge regionale 98/81, venne ufficialmente istituita la riserva, la prima riserva naturale della Sicilia, affidata in gestione all’Azienda Regionale Foreste Demaniali.
La Riserva si estende nella parte Occidentale del Golfo di Castellammare, nella penisola di San Vito Lo Capo che si affaccia sul Tirreno tra Castellammare del Golfo e Trapani (coordinate geografiche: 38°06’15?N 12°47’27?E? / 38.104238, 12.790833Coordinate: 38°06’15?N 12°47’27?E? / 38.104238, 12.790833)
Il territorio ricade per gran parte nel comune di San Vito Lo Capo e in misura minore nel comune di Castellammare; si estende lungo 7 km di costa e quasi 1.700 ha di natura incontaminata.
La costa è formata da calcareniti quaternarie e da rilievi calcarei del Mesozoico di natura dolomitica, con falesie che da un’altezza massima di 913 m (Monte Speziale) degradano ripidamente verso il mare, intercalate da numerose calette. All’interno della riserva si trovano il Museo Naturalistico, il Museo delle Attività Marinare, il Museo della Civiltà Contadina, il Museo della Manna, il Centro di Educazione Ambientale, due aree attrezzate e degli antichi caseggiati rurali adibiti a rifugio (contrada Sughero), presso i quali è possibile anche pernottare su richiesta.
I rifugi utilizzati per il bivacco vengono concessi soltanto nel periodo che va da ottobre a maggio.
Per usufruire del servizio è necessario compilare una domanda scritta (vedi modulo), da inviare via mail alla Direzione della Riserva (mailto:info@riservazingaro.it). Fonte: wikipedia
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Riserva naturale orientata dello Zingaro
La costa dello Zingaro è uno dei pochissimi tratti di costa della Sicilia non contaminata dalla presenza di una strada litoranea. Nel 1976 erano già iniziati i lavori per la costruzione della litoranea Scopello-San Vito Lo Capo, ma in seguito ad una serie di iniziative del mondo ambientalista, culminate in una partecipatissima marcia di protesta che ebbe luogo il 18 maggio 1980, l’Azienda Regionale Foreste Demaniali della Regione Siciliana si impegnò ad espropriare l’area dello Zingaro riconosciuta di grande interesse ambientale.
Con la legge regionale 98/81, venne ufficialmente istituita la riserva, la prima riserva naturale della Sicilia, affidata in gestione all’Azienda Regionale Foreste Demaniali.
La Riserva si estende nella parte Occidentale del Golfo di Castellammare, nella penisola di San Vito Lo Capo che si affaccia sul Tirreno tra Castellammare del Golfo e Trapani (coordinate geografiche: 38°06’15?N 12°47’27?E? / 38.104238, 12.790833 Coordinate: 38°06’15?N 12°47’27?E? / 38.104238, 12.790833)
Il territorio ricade per gran parte nel comune di San Vito Lo Capo e in misura minore nel comune di Castellammare; si estende lungo 7 km di costa e quasi 1.700 ha di natura incontaminata. La costa è formata da calcareniti quaternarie e da rilievi calcarei del Mesozoico di natura dolomitica, con falesie che da un’altezza massima di 913 m (Monte Speziale) degradano ripidamente verso il mare, intercalate da numerose calette. All’interno della riserva si trovano il Museo Naturalistico, il Museo delle Attività Marinare, il Museo della Civiltà Contadina, il Museo della Manna, il Centro di Educazione Ambientale, due aree attrezzate e degli antichi caseggiati rurali adibiti a rifugio (contrada Sughero), presso i quali è possibile anche pernottare su richiesta.
I rifugi utilizzati per il bivacco vengono concessi soltanto nel periodo che va da ottobre a maggio. Per usufruire del servizio è necessario compilare una domanda scritta (vedi modulo), da inviare via mail alla Direzione della Riserva (mailto:info@riservazingaro.it).
Fonte: wikipedia
Riserva dello Zingaro (TP) – Foto di Francesco TurrisiiRiserva dello Zingaro da San Vito lo Capo – Foto di Schiera Maria GraziaRiserva Naturale Dello Zingaro, Trapani – Foto di Marilena Di GiuseppeRiserva dello zingaro – caletta – Foto di Pasquale MaistoRiserva dello Zingaro – Cala Torre dell’Uzzo – Foto di Paola G.Riserva dello zingaro – Foto di cesco1979Riserva dello zingaro – Foto di cesco1979


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